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EMERGENZA BACINI. Progetti – interventi – polemiche

Si susseguono incontri e convegni per definire gli interventi necessari per il ripristino e manutenzione di alvei e rive dei torrenti, ma soprattutto per la realizzazione di invasi e bacini di contenimento delle acque: bacino della Colombaretta a Monteforte d’Alpone, di Montebello, di San Lorenzo (Soave), ponte della Motta a San Bonifacio, queste le opere impellenti

IL BACINO DELLA COLOMBARETTA

MAURIZIO CONTE, assessore regionale “DIFESA DEL SUOLO”

Per la realizzazione dell’opera d’invaso sul torrente Alpone, in località Colombaretta, nel Comune di Montecchia di Crosara (VR), l’Assessore regionale alla Difesa del Suolo, Maurizio Conte, puntualizza le varie fasi che hanno accompagnato e definito i termini del progetto.

«Il progetto preliminare è stato posto all’ordine del giorno ed esaminato dalla Commissione Tecnica Regionale il 7 maggio 2012. A quella seduta erano presenti i Comuni interessati alle opere. Successivamente, lo stesso progetto preliminare è stato approvato con un Decreto del Dirigente della Direzione Difesa del Suolo (n. 244) del 10.07.2012. Il decreto è stato trasmesso al Comune di Montecchia di Crosara (ndr. Comune dove verrà realizzata l’opera) accompagnato da una copia su supporto informatico degli elaborati progettuali e da una nota (n. 324204 del 13/07/2012). Con deliberazione n. 1003/2012, la giunta regionale ha incaricato la Direzione Difesa del Suolo di sviluppare la progettazione definitiva e lo studio d’impatto ambientale dei bacini per i quali risultava già approvato il progetto preliminare e tra questi quello in località Colombaretta. Il progetto definitivo e il relativo SIA (studio di impatto ambientale) sono stati redatti nel giugno 2013. A fine luglio è stata formulata l’istanza di avvio della procedura di valutazione d’impatto ambientale e, il 7 agosto 2013, è stata fatta la presentazione al pubblico del progetto e del SIA presso la sede del Municipio del Comune di Montecchia di Crosara».

CARLO TESSARI, sindaco di Monteforte

A breve inizieranno i lavori per il bacino della Colombaretta a Montecchia di Crosara che il sindaco di Monteforte Carlo Tessari si augura possano salvare il paese da altre alluvioni. «Il bacino avrà la possibilità di contenere a monte 850 mila metri cubi d’acqua. Non risolverà il problema alluvione per Monteforte e San Bonifacio, ma certamente diminuirà la possibilità di esondazione dell’Alpone. Il bacino sarà realizzato in ogni caso perché è predominante l’interesse pubblico, non tanto privato. È già stato deliberato e finanziato con ristoro dei danni che le aziende agricole e i proprietari terreni subiranno nell’eventualità di allagamento di questo bacino. Mi meraviglia che Montecchia abbia espresso la propria contrarietà, probabilmente perché loro non hanno subito la tragedia di Monteforte, San Bonifacio e Soave. È giusto che i contadini abbiano il loro ristoro dei danni ma prima di tutto viene la vita della gente. È previsto l’inizio dei lavori nei primi mesi del 2014. è bacino di Montebello, tuttavia, quello che ci darà il 90% di sicurezza e porterà un grande vantaggio e utilità perché il nostro pericolo maggiore non è l’Alpone ma il Chiampo. Inoltre faccio appello al nuovo commissario di San Bonifacio per dare inizio ai lavori di quel”tappo” che è il ponte della Motta. Infine non possiamo trascurare la pulizia degli alvei dei torrenti, quindi invito gli enti interessati a svolgere questo lavoro in modo continuativo.Per salvare Monteforte e San Bonifacio c’è pertanto da tenere presente la manutenzione, il ponte della Motta, la Colombaretta e Montebello». (M.G.M.)

MA A MONTECCHIA DI CROSARA IL SINDACO PALLARO DICE NO!

A seguito delle tracimazioni che si sono verificate nell’Est veronese negli ultimi anni, la Regione Veneto ha deciso di realizzare un bacino di laminazione per prevenire le piene del torrente Alpone. Già notificati i procedimentI espropriativI per la realizzazione dell’opera di invaso in località Colombaretta, nel Comune di Montecchia di Crosara. Basterà questo intervento per mitigare il rischio idraulico-geologico e risolvere il problema?

La Regione vuole costruire il cosiddetto “invaso della Colombaretta” a Montecchia di Crosara, per porre fine alla piaga degli allagamenti. Sono interessati 31 ettari di terreno, in una delle zone più belle della Val d’Alpone, un’area che si potrebbe definire di “pianura collinare”, adiacente al percorso del torrente Alpone. Siccome in certi punti questa zona è inferiore all’argine del fiume di parecchi metri e c’è un bacino naturale, la Regione ha previsto la creazione di un invaso diviso in due parti, per evitare che si ripetano gli allagamenti. I proprietari dei fondi interessati dagli espropri o da assoggettare a servitù di allagamento e anche i cittadini di Montecchia non direttamente interessati dalla realizzazione delle opere manifestano forte dissenso. «La Regione – spiega il sindaco di Montecchia di Crosara, Edoardo Pallaro – ha deciso di agire d’ufficio, senza avvisare il Comune di Montecchia che è già fortemente penalizzato dalla presenza di una cava di basalto, denominata Bosco Lauri, regolarmente autorizzata dalla Regione stessa. L’invaso comporterà un ulteriore danno, non solo ambientale ma anche economico, a una zona che vive per il 70/75 % di agricoltura ed è tra le più importanti nella coltivazione di vigneti Soave DOC. Evitare che Monteforte e San Bonifacio vadano sotto acqua è certamente la questione primaria, ma la Regione intende costruire questi invasi, che costeranno almeno 12 milioni di euro, a monte del problema, ovvero in località Colombaretta, quando invece sarebbe bastato allargare l’imbuto in cui si incontrano i torrenti in questione o operare una deviazione a valle, dove ci sono coltivazioni di frumento e non colture di nicchia come le nostre. La verità è che i Comuni interessati dagli allagamenti non sono stati in grado di risolvere il problema e adesso è Montecchia a farne le spese. Alla luce di tutto questo – conclude il primo cittadino – anche a nome della cittadinanza, l’Amministrazione Comunale ribadisce la propria netta contrarietà alla realizzazione dell’invaso».

RADDOPPIO DEL BACINO DI MONTEBELLO

Il bacino di Montebello è stato realizzato nel 1926 per prevenire le rotte del Guà che si ripetevano con frequenza quasi annuale causando disastrose inondazioni a Sarego, Lonigo, Cologna Veneta e in tutto il territorio del montagnanese. Da circa un secolo ha rappresentato per le popolazioni in riva al Guà un baluardo che ha retto anche nei momenti più critici come nel novembre del 1966, anno che ha visto sommergere città come Venezia e Firenze. Per far fronte alle inondazioni degli ultimi anni nell’est veronsese e convogliare le acque del Chiampo (principale causa della rottura degli argini dell’Alpone), è stato approvato nel mese scorso un progetto che prevede il raddoppio della capacità di contenimento del vecchio invaso di Montebello.Il bacino sarà portato a un sostanziale raddoppio delle portate di laminazione passando dai circa 6 milioni di metri cubi che può ospitare oggi ai quasi 10,5 milioni a pieno regime. Per ottenere questo risultato l´ampliamento del bacino avverrà sia con l´abbassamento del fondo tramite escavazioni del terreno, che nel punto massimo toccherà i 7 metri di profondità, che con l´estensione della sua superficie anche in territorio di Zermeghedo verso la discarica dei fanghi. Il nuovo bacino sarà poi suddiviso in due parti da un terrapieno alto fino a 10 metri. La divisione servirà a laminare separatamente il Guà e, in caso di bisogno, anche il Chiampo, accogliendo un´istanza formulata ai tempi della grande alluvione di 3 anni fa. Le soluzioni adottate, hanno sottolineato i tecnici del Consorzio di bonifica Alta Pianura Veneta nel presentare il progetto a Montebello, comporteranno la messa in sicurezza idraulica delle zone che negli anni scorsi sono andate soggette a eventi alluvionali per l´esondazione dei corsi d´acqua che attraversano l´Est Veronese, e in particolare i paesi di Monteforte e Soave, ma anche il Basso Padovano e l´Area Berica. (R.B.)

BACINO “SAN LORENZO” A SOAVE E SAN BONIFACIO

l progetto prevede la realizzazione di un grande invaso in grado di contenere circa 800.000 m³ che, uniti ai circa 200.000 m³ del fiume Tramigna e i circa 400.000 m³ che si possono invasare in località Fornace, verso Monteforte d’Alpone, ci garantiscono un bacino di circa 1.400.000 m³. L’invaso che sarà realizzato prevede una presa dal fiume in corrispondenza del nuovo arginello, un sistema di decantazione dell’acqua per non invadere i terreni in maniera tumultuosa, un punto di scarico del bacino, un rinforzo arginale dell’autostrada e della strada che dalla Strada Regionale 11 porta alla Fornace e il rinforzo del muro di confine della Fornace verso il bacino; il tutto per un costo previsto di 4.900.000,00 €. L’opera è sicuramente un intervento importante che, come più volte osservato, ci consentirà di poter gestire la nostra acqua nel momento di chiusura della paratoia alla confluenza con l’Alpone. In questi tre anni, nei quali più volte siamo andati a rischio alluvione, abbiamo osservato che la paratoia è l’unica difesa che possiamo mettere in campo per difendere il paese dall’acqua dell’Alpone. Se non avessimo avuto la paratoia, Soave avrebbe vissuto almeno altre tre volte la situazione del 1 novembre 2010. La paratoia però non è sufficiente in quanto, in caso di grosse precipitazioni, è necessario poter stivare l’acqua in eccesso del Tramigna, come avvenuto il 16 maggio 2013 e quindi si rende necessaria la realizzazione del bacino che non può essere gestito come lo stiamo gestendo oggi, ma realizzando un manufatto che possa dare tutte le garanzie del caso. Dalla discussione sono emerse alcune osservazioni che possiamo così riassumere:

– Il bacino dovrà servire solo per Soave anche perché, se lo si volesse utilizzare per l’Alpone, vista la portata di quest’ultimo, servirebbe veramente per poco tempo, mettendo poi a repentaglio la sorte del nostro paese che sarebbe costretto a subire una nuova alluvione.

– Si propone l’acquisizione al demanio pubblico del fossato di sgrondo, interno al bacino, e della relativa area per effettuare l’ordinaria manutenzione per tutta la tratta che va dalla fine dello sfioratore (lato paratoia sud del nuovo argine) all’imboccatura delle costruende opere di scarico (chiavica Mainente).

– Sia posizionato, in maniera stabile ed adeguato alla portata, un sistema di pompaggio che porti l’acqua meteorica proveniente dal centro abitato presente in sinistra Tramigna (lato nord del nuovo argine) a sud del nuovo argine “San Lorenzo”.

– Sia prevista una o più motopompe e non delle elettropompe.

– Sia predisposto, in maniera stabile, un sistema idraulico (prese tubazioni) per il pompaggio dell’acqua dal bacino San Lorenzo al torrente Alpone nel momento in cui le acque di quest’ultimo dovessero diminuire, ma non consentire ancora l’apertura della paratoia di disconnessione del sistema Alpone- Tramigna.

– Potenziare il più possibile il sistema di sifoni per consentire il travaso delle acque dal fiume Tramigna al Canale Camuzzoni.

– Sia fatta un’indagine conoscitiva sullo stato di conservazione e manutenzione dell’argine in Destra del Tramigna e, in particolare, nel tratto dal ponte Mainente e fino al Campo sportivo.

– Il Gard-rail di sicurezza previsto in acciaio ai lati del nuovo ponte sopra lo scolmatore sia rivestito in legno.

– Lo spessore della soletta (travi esterne) del nuovo ponte, sopra lo scolmatore, sia rivestito in pietra in entrambi i lati.

IL COMITATO ALLUVIONATI VENETO 2010

Rosario Maccarone rappresentante del Comitato Alluvionati Veneto 2010 ha deciso di inviare una lettera a tutte le Amministrazioni interessate da questa direttiva della Regione chiedendo di avere un elenco di tutte le persone che devono restituire i soldi eccedenti per dar modo al comitato stesso di avvisarli in tempo, dato che ci sono solo dieci giorni a disposizione per impugnare il decreto presentando osservazioni e opposizioni. Nel frattempo è stato istituito l’eurosportello dell’Associazione Europa Cultura (AEC) che, grazie a Mario Bertolissi e uno staff di avvocati aiuterà gli alluvionati interessati.

La sede è ad Abano Terme ma Maccarone sarà il riferimento per le province di Verona e Vicenza. Poiché la Regione ha concesso solo trenta giorni di tempo agli alluvionati per restituire le somme, saranno da subito raccolte le adesioni e la documentazione degli interessati e inviate con urgenza ai Comuni e alla Regione le richieste di sospensione degli atti in autotutela.

Nel frattempo, gli avvocati porranno in atto le iniziative ritenute più opportune per giungere a una soluzione equa per risolvere questa grave e pesante situazione che colpisce economicamente cittadini che hanno già dovuto affrontare grossi sacrifici per sistemare la loro abitazione e le loro attività. Se le richieste non verranno accolte con la dovuta attenzione, si procederà ad un tentativo di conciliazione e, in seconda istanza, all’avvio di un’Azione Collettiva (Class Action), accogliendo tutti gli alluvionati del Veneto che vorranno aggregarsi. La procedura per aderire all’azione di tutela è consultabile sul sito internet www.aeceuropa.eu nella pagina dedicata alla tutela degli alluvionati.

AL VERTICE SU “LAVORI, PROGETTI E FINANZIAMENTI”, CHE SI È TENUTO IL 23 OTTOBRE AL CONSORZIO DI BONIFICA ALTA PIANURA VENETA, ABBIAMO RACCOLTO QUESTE TESTIMONIANZE

ANTONIO NANI, presidente del consorzio Alta Pianura Veneta

«La soluzione per il rischio idrogeologico dell’Est veronese sarà nell’ampliamento del bacino di Montebello, dagli attuali 5 milioni di metri cubi ai definitivi 8,5 milioni di metri cubi d’acqua. Il progetto definitivo è già stato redatto e presentato alla commissione Via. Certo, è difficile dire quando aprirà il cantiere. Se tutto andrà per il verso giusto potremmo vedere le ruspe al lavoro fra un paio d’anni. Nel frattempo il Genio civile ha compiuto dei lavori di manutenzione straodinaria che dovrebbero garantire ai cittadini dell’Est veronese un po’ di tranquillità. I due bacini naturali di San Lorenzo (2 milioni di mc) e di San Vito (1 milione di mc) potranno essere delle valvole di sfogo nei periodi di criticità». (P.B.)

MAURIZIO CONTE, assessore regionale all’ambiente

«I 51 milioni di euro per l’ampliamento del bacino di Montebello verranno recuperati dai fondi statali dell’alluvione 2010, in particolare dalle somme non spese dai Comuni e dai contributi ai privati che non sono stati utilizzati oppure non erano dovuti. Per noi Montebello è la priorità. Se necessario, chiederemo di allentare il Patto di stabilità pur di sfruttare a fondo le risorse disponibili. Oltre alle grandi opere infrastrutturali, abbiamo compiuto tramite il Genio civile molti altri interventi di sistemazione degli argini e di contenimento delle possibili rotte dei torrenti. Il regolare deflusso delle acque per questo autunno ed inverno dovrebbe essere garantito. Se tutto questo non bastasse e i fiumi dovessero essere fatti esondare per scolmare le piene, verrebbero allagate aree non urbanizzate». (P.B.)