Gabriele Viale, l’uomo del Giro d’Italia
Attraverso stradine deserte e strette come vicoli, immerse nella campagna leonicena, si giunge al vecchio casolare restaurato, oggi adibito a bed&breakfast, di proprietà di Gabriele Viale, responsabile organizzativo del comitato tappa Giro d’Italia per le città di Vicenza e Montecchio Maggiore. E’ qui che lo ritroviamo, ad una settimana circa dal passaggio della scia rosa, e con lui guardiamo un po’ indietro per vedere cos’ha lasciato alle nostre città e ai nostri paesi il passaggio di questo importante evento sportivo.
«Il Giro d’Italia è stato innanzitutto una grandissima festa popolare, – racconta Viale – è una competizione sportiva che vanta una tradizione centenaria, quindi sicuramente è un evento molto sentito dalla gente, anche da chi solitamente non segue il ciclismo. Per questo, credo che l’impronta più significativa che ha lasciato il Giro sul nostro territorio sia proprio l’entusiasmo che ha generato e il senso di unione e condivisione: per quei due giorni tutti hanno sostenuto la stessa squadra, tutti erano entusiasmati dallo stesso fine. Oltre che un momento di competizione, è stato un momento di grande spettacolo. Nonostante la pioggia, sono state giornate gioiose, caratterizzate dai toni caldi, grazie al movimento che si crea attorno ad un momento sportivo di tale levatura qual é il Giro d’Italia, con la scenografica carovana che lo precede, ad esempio, o con il continuo viavai di fotografi e giornalisti, è certamente un’esperienza fuori dall’ordinario. Oltre a questo, non dimentichiamo la ribalta mediatica che hanno avuto i nostri paesi e le città attraverso le quali è passato: 171 TV emittenti, siamo stati sotto gli occhi del mondo».
Quali sono state le soddisfazioni e quali invece le difficoltà riscontrate?
«A livello personale, gestire per due giorni un’organizzazione di alto livello, che ha comportato il coordinamento di 496 persone, visti gli ottimi risultati è stata sicuramente una grande soddisfazione, aggiunta alla soddisfazione di aver saputo portare il Giro d’Italia nei nostri colli, grazie alla collaborazione con figure importanti del settore quali Moreno Nicoletti, project leader di tappa, e l’avvocato Claudio Pasqualin. Nessuna delusione, una piccola pecca possono essere stati i lunghi tempi burocratici per ottenere permessi e autorizzazioni, durante la fase di preparazione dell’evento, ma abbiamo trovato enti locali molto disponibili, hanno saputo venirci incontro appianando questo scoglio».
Soddisfatto del coordinamento tra i diversi enti? Stampa, comitato Giro d’Italia, comitato organizzativo…
«Sì, è stato un lavoro di sistema che ha comportato sinergie ed una preparazione meticolosa di un evento che per la provincia di Vicenza, per i paesi attraversati dalla corsa lungo la Riviera Berica e per il santuario di Monte Berico rimarrà negli annali».
C’è stata una polemica per la mancata attenzione ai simboli della città di Vicenza da parte delle reti televisive.
«Una polemica artificiosa, a mio parere. Si tratta pur sempre di cronaca sportiva, non di un documentario turistico, i riflettori dovevano giustamente rimanere puntati sulla corsa. C’è stata una presenza di circa centocinquantamila spettatori e oltre cinquecento giornalisti: saranno loro gli ambasciatori del territorio».
Positiva l’esperienza di collaborazione con le scuole?
«Molto positiva. è un principio al quale personalmente credo molto, mi piace pensare che concedendo la possibilità di vivere dall’interno questo tipo di esperienze, si aiuti a formare nei ragazzi un senso di responsabilità sociale e a far loro comprendere l’importanza del lavoro di squadra, senza il quale non sarebbe stato possibile realizzare nulla di tutto ciò che è stato fatto».