
“Good as you”. Buono come te
Un grande commediografo dell’antica Grecia, Aristofane, una volta scrisse: “La gioventù invecchia, l’immaturità si perde via via, l’ignoranza può diventare istruzione e l’ubriachezza sobrietà, ma la stupidità dura per sempre»”.
Oggi, dopo oltre duemila anni, questo aforisma è ancora tristemente attuale; Già perché in un’epoca dove la comunità, grazie ad un semplice clic sul computer o il cellulare, dispone di risorse inimmaginabili solo qualche decennio addietro, persiste un problema chiamato omofobia. Sembra un paradosso ma ahimè non lo è. La riprova sta nel becero gesto, compiuto di recente da qualche povero di spirito, che ha visto coinvolto il protagonista di questa mia intervista. Il suo nome è Rosario Messina, quarantasette anni, dipendente presso le famose industrie cittadine Riello e amministratore di alcune note e seguite pagine Facebook riguardanti il legnaghese. Ho voluto incontrarlo per capire le radici di questo incivile e spesso sottovalutato fenomeno.
Sig. Messina ci può spiegare brevemente cos’è successo?
«Io ero al lavoro, una mia amica mi ha scritto un messaggio con il cellulare dicendomi che aveva visto una cosa e che proprio non sapeva come comunicarmela. Così mi ha inviato una foto raffigurante uno dei cartelli informativi installati lungo la ciclabile dell’Argine imbrattato con alcune scritte di natura omofoba a me indirizzate fatte con una bomboletta spray».
Lei ha risposto pubblicamente su Facebook a questo ignobile gesto con un post che terminava con questa frase: “Non sono frocio, sono gay”. Io, conoscendo l’inglese e l’etimologia della parola gay, ho avuto la netta impressione che Lei abbia appositamente chiosato con quella frase. È così?
»Sì, è proprio così e mi fa molto piacere che Lei abbia colto questa sottile sfumatura. La parola gay, tradotta in italiano, assume il significato di felice. Ed è ciò che io sono, nonostante le discriminazioni e le offese che posso ricevere. La persona o le persone che hanno scritto quelle cose, non mi hanno minimamente ferito e di certo non hanno intaccato la mia serenità».
di Jacopo Dall’Acqua
(segue su AREA3 n°75 – aprile 2017)