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Prezzi impazziti

Materie prime cresciute anche del 150%, con strategie geopolitiche ed economiche che si fondono con la crisi pandemica globale: tempesta perfetta?!

Lo sanno e lo confermano disorientati e rassegnati, industriali, trasformatori, ma soprattutto gli acquirenti finali, che i prezzi sono aumentati per il rincaro delle materie prime. Dal 2020 a oggi, la propulsione al rincaro di rame, ferro, leghe, acciaio, ecc. costringe a ritoccare i prezzi, e non di poco: fino al 150%, come possono confermare industriali, artigiani e commercianti. Percentuali, stime e previsioni che serpeggiano in molti piani di produzione, ma che pesano come macigni sui portafogli finali dei clienti, come sempre indifesi di fronte a speculazioni e politiche economiche internazionali. Le condizioni meteorologiche avverse possono anche influire sul prezzo dell’olio combustibile e del gas naturale sul mercato. Un periodo di freddo può comportare un aumento della domanda di prodotti energetici, che a sua volta spinge i prezzi verso l’alto. Quello che così si evince, è che le forze che spingono al rialzo sono interne ed esterne allo sfaccettato e non sempre chiaro sistema economico che finisce troppo spesso col diventare troppo un capestro per chi deve acquistare prodotti di ogni sorta, perché la globalizzazione ha ridotto il mondo ma amplificato problemi e disparità.

AUMENTI INCONTROLLATI

I forti rincari delle quotazioni delle materie prime degli ultimi mesi sono stati incorporati sia dai prezzi dei beni importati, che a marzo e aprile hanno segnato una decisa accelerazione (+4,3% e +8,3% su base annua, rispettivamente), sia dai prezzi dei prodotti industriali venduti sul mercato interno: a maggio sono cresciuti tendenzialmente del 10%, condizionati dall’andamento dei prezzi dei beni energetici (+26,2%), dei beni intermedi (+7,4%) e dei beni durevoli (+3,1%).I prezzi dei servizi ricettivi e di ristorazione hanno segnato un aumento dell’1,5% (+0,1% a maggio) e quelli dei servizi ricreativi e culturali sono aumentati dello 0,9% (erano fermi a maggio), incorporando il rimbalzo della domanda nei settori maggiormente coinvolti dai provvedimenti amministrativi di chiusura delle attività.

EFFETTO PANDEMICO?

«Sulle speranze di ripresa economica delle piccole imprese incombe il continuo rialzo dei prezzi delle materie prime ai massimi degli ultimi 20 anni» denuncia il presidente provinciale e regionale di Confartigianato Imprese, Roberto Boschetto. «Il nostro ufficio studi ha rilevato che ad aprile 2021 gli aumenti dei prezzi delle commodities non energetiche sono stati del +33,4% rispetto ad un anno prima, con un’accelerazione dei rincari che a marzo di quest’anno si attestavano al +24% rispetto allo stesso mese del 2020. Un’impennata che può provocare un effetto dirompente sui costi sopportati dalle piccole imprese manifatturiere italiane per l’acquisto di beni necessari alla produzione: tradotto in denaro, stimiamo un impatto potenziale di 400 milioni di euro in più in un anno a carico di 13mila MPI provinciali (10.189 quelle artigiane) che operano negli 8 settori più colpiti, aziende che occupano 45300 addetti (30.158 quelli dell’artigianato)» Certamente i fattori pandemici hanno innescato la scalata dei prezzi.