
Profughi. Il diritto di scappare
“Lei è disposto ad accogliere profughi nel suo comune?”
La domanda, rivolta ai nostri sindaci, è quasi obbligatoria dopo che l’ondata di profughi proveniente dalla Siria, ma anche dall’Africa sta invadendo come uno tsunami tutti i paesi dell’Unione Europea
Il nostro mensile ha raccolto il parere di alcuni sindaci nell’area di diffusione di AREA3 per comprendere qual è il grado di sensibilità delle nostre popolazioni, nella speranza che non si ripeta il vergognoso comportamento degli ungheresi che non hanno esitato a sparare lacrimogeni contro bambini.
Siamo fermamente convinti che chi scappa da una guerra, come le migliaia di persone che fuggono da città bellissime e moderne come Aleppo in Siria, oppure dalla fame abbia il sacrosanto diritto di scappare dove non rischia di morire sotto le bombe, essere rapiti dai seguaci dell’Isis se giovani donne, oppure di morire di fame. Ed è perfettamente inutile CHIEDERSI chi abbia cuasato la guerra in Siria, il caos in Libia, oppure non riesce a portare la luce o l’acqua in certi villaggi sperduti dell’Etiopia dove le donne devono alzarsi di mattino presto e percorrere due ore di cammino per riempire un secchio d’acqua.
Come afferma il giovane sindaco di Barbarano il mondo sta cambiando dalle fondamenta e noi non ce ne accorgiamo; anzi perdiamo il nostro tempo per chiederci se è preferibile che i senatori siano eletti oppure no dai cittadini.
Le immagini che vengono trasmesse ogni giorni dai mezzi di comunicazioni sui profughi che scappano a piedi dalla guerra in Siria attraverso le strade della Grecia, della Macedonia, della Serbia per giungere ai confini con l’Ungheria o la Croazia se non la Slovenia, sono di una drammaticità che non reggono il confronto neppure con quelle dell’attentato alle due Torri Gemelle dell’11 settembre del 2001. In effetti si tratta di un esodo biblico, paragonabile a quello del popolo ebreo che scappa dal terribile Faraone intenzionato a sterminarlo
Il fenomeno a cui stiamo assistendo sembra quasi una contro-colonizzazione indirizzata alla Vecchia Europa, ovvero una provocazione verso quei poteri forti che da secoli tentano di esportare anche con la forza il proprio modo (ovviamente quello “giusto”) di sistemare le cose.
I dati, comunque, confermano che l’Europa non rischia l’invasione, perché i migranti rappresentano ancora meno dell’1% della popolazione autoctona. Per esempio, in Italia c’è un profugo ogni 1000 abitanti, ma il record europeo è tutto svedese, con 15 profughi ogni 1000 abitanti, dato comunque banale se confrontato con quello del Libano, dove ogni 1000 abitanti ci sono 232 profughi. Non si può negare che le ondate migratorie potrebbero creare competizione sul mercato del lavoro.
Ma il Vecchio Continente si ritrova impreparato di fronte alla sfida umanitaria che gli sta sfondando le porte. I recenti fatti di cronaca riportano non solo le abissali tragedie quotidiane sulle acque del Mediterraneo, ma di recente anche le vicende legate ai Balcani.
LA ROTTA DEI BALCANI E GLI ACCORDI DI SCHENGEN
Questa fuga verso il Vecchio Continente parte dalle coste della Turchia, dove persone provenienti da varie zone assediate del Medio Oriente partono alla volta delle Isole Greche. Da lì si dirigono verso i confini con la Macedonia, da cui con treni, autobus, camion o a piedi passano per la Serbia cercando di raggiungere l’Ungheria, che è il primo Paese dell’Unione Europea disponibile lungo il percorso. Le previsioni non escludono che questi arrivi in massa possano dirigersi verso il confine orientale italiano attraverso la Croazia e la Slovenia. In Paesi come l’Italia e l’Ungheria, infatti, posso valersi degli accordi di Schengen, secondo cui, per i Paesi aderenti, vengono cancellate le frontiere e i controlli dei documenti identificativi. In molti, seguendo l’esempio della Germania, stanno cercando di sospenderne temporaneamente gli effetti per procedere con controlli più serrati lungo i propri confini. Passau, al confine orientale della Baviera con l’Austria, è denominata la “Lampedusa della Germania”, destinazione eletta dalla maggior parte dei profughi.
CHI SONO QUESTI MIGRANTI
Sono uomini, donne e bambini, famiglie intere che stanno scappando attraverso deserti e mari, con mezzi di fortuna, strappando un passaggio, agganciandosi a qualche camion o a piedi. Secondo i dati delle agenzie, in Grecia arrivano soprattutto siriani. Sono eritrei invece quelli che sbarcano sulle coste italiane.
Eritrea e Siria sono due Paesi a regime autoritario, dove le libertà democratiche sono escluse e vige invece la fame e la paura. Non ci sono solo siriani ed eritrei in fuga da morte quasi certa, ma anche moltissimi altri popoli che fuggono in cerca di salvezza dal cleptocrate di turno, dalla fame, dalla disperazione. La paura che ci coglie verso tutte queste persone, paura che troppe volte si risolve in odio, vorrebbe convincerci che questi arrivano per delinquere, per rubarci il lavoro, per convertire.
Dal punto di vista legislativo, invece, richiedono diritto d’asilo perché nel Paese da cui arrivano non gli vengono concesse libertà e, in molti casi, se vi dovesse fare ritorno, potrebbe essere perseguitato per motivi di razza, di religione, di nazionalità. Il fatto che in mezzo a queste persone possa esserci qualche infiltrato sta su un altro piano del discorso e riguarda la triste eccezione. Siamo convinti che uno stragista appartenente all’esercito dei tagliagole non giunga in Italia su un barcone con il rischio di affogare, ma su di un panfilo di grossa stazza dove può nascondere tutte le armi che vuole. In Italia chi controlla che cosa in un porto durante il periodo delle vacanze?
Non ci sono tuttavia delle linee chiare a livello legislativo sulle modalità di accoglienza e di protezione, né in Italia, né negli altri paesi europei.
ACCOGLIENZA E PROTEZIONE.
L’EUROPA, GLI STATI E IL TERRITORIO
Non esistendo precise indicazioni esecutive sulle possibilità di gestione di simili situazioni, si preferisce piuttosto prendere provvedimenti temporanei, troppe volte non adatti nemmeno a tamponare l’emergenza e che secondo le opinioni non distribuiscono equamente la responsabilità.
Recentemente si sta parlando di creare degli “hotspot”, ovvero delle strutture gestite da agenzie europee (come EuroPol, EAso, Eurojust, Frontex) per identificare, registrare, fotosegnalare e raccogliere le impronte digitali dei migranti direttamente nelle località esposte ai nuovi arrivi, ma non è ancora chiaro se si tratterà di centri di accoglienza temporanea in vista di trasferimento nel Paese dove il migrante vuole richiedere asilo o luoghi di attesa per il rimpatrio.
I richiedenti asilo, in attesa delle giuste etichette legislative per essere in regola, hanno almeno il diritto di sostare in strutture adeguate. Questo è un punto davvero ostico della questione, perché pochi sono disposti a convivere con migranti sconosciuti vicino casa.
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