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Tag: Veneto

La 532ª Fiera di Lonigo

LONIGO – Si è chiusa con successo la 532° fiera di Lonigo, superando anche gli ottimi risultati dell’edizione precedente nella quale si era registrato un forte incremento di presenze.

Nei quattro giorni fieristici, la città di Lonigo ha messo in mostra il meglio di sé: dalle imprese del territorio, ai prodotti tipici, alle scuole e all’associazionismo, con particolare riguardo al mondo dell’agricoltura. La conferma del grande successo si poteva già notare anche dal numero di auto che nel pomeriggio di domenica hanno occupato ogni parcheggio disponibile in centro e in periferia. Vincente la scelta di suddividere in “Corti” i vari settori interessati dalla fiera: l’artigianato, l’agricoltura, il giardinaggio, la viticoltura, l’edilizia, il tempo libero e l’enogastronomia. Soddisfazione anche per la grande affluenza agli stand allestiti dagli agricoltori di Amatrice ospitati in Piazza Matteotti nella Corte del Contadino.

«Un successo – conferma l’assesore alla Fiera Flavio Mirandola – che ha superato anche la fiera 2017, nella quale si era pure registrato un forte incremento di presenze. Il conta-persone installato all’entrata del capannone principale ha indicato per la sola giornata di domenica il passaggio di 52 mila visitatori. Aggiungendo gli altri tre giorni dell’evento e le sezioni espositive situate fuori del Parco Ippodromo, possiamo affermare di aver certamente superato centomila presenze».

(segue su AREA3news n°85 aprile 2018)

Alla maratona di New York per coronare un grande sogno

di Paola Bosaro

Nicola Baldin racconta le emozioni della corsa più famosa del mondo

La maratona più famosa del mondo vista con gli occhi dei partecipanti dell’Est Veronese. Ogni anno sono circa 2.000 gli italiani che partecipano alla Maratona di New York, quella affascinante manifestazione che attraversa i cinque distretti di New York: Staten Island, Brooklyn, Queens, Bronx e Manhattan, per giungere al traguardo in Central Park. Si tratta del più spettacolare evento sportivo al mondo, che vede la partecipazione di oltre 60 mila atleti (professionisti e non) e 2 milioni di spettatori lungo tutto il percorso. Anche dall’Est Veronese partono ogni anno appassionati della corsa per tentare l’impresa. Trascriviamo qui la bellissima testimonianza di Nicola Baldin, presidente dell’Avis comunale di Albaredo e iscritto alla Federazione italiana amatori Sport per tutti, che ha preso parte all’ultima «New York Marathon» assieme ad una ventina di runner del “Gruppo podistico Valdalpone”. È un condensato di emozioni forti, di amore per lo sport, un inno all’amicizia e alla solidarietà fra vicini (di nazionalità, pelle, cultura) e lontani.
«La mattina dell’1 novembre 2015 – giorno della gara – è iniziata molto prima dell’alba, precisamente alle 4.30. In realtà non siamo riusciti a chiudere occhio per il frastuono dei balli, dei canti e della musica assordante della notte di Halloween a Times Square. Ci prepariamo in camera con tanta ansia, ci interroghiamo a vicenda su quali vestiti indossare e sulle previsioni del tempo. Le mani tremano nell’afferrare il pettorale di iscrizione, che maneggiamo come se si trattasse di un’antica pergamena. Il cuore batte sempre più forte: ci si abbraccia e si percepisce di minuto in minuto aumentare l’entusiasmo. Una frase spezza per un attimo la trepidazione: Dai ragazzi, forza che la colazione ci attende. E in un attimo la sala dell’hotel si riempie di runner multicolori e di ogni nazionalità. È necessario fare una buona colazione, però bisogna anche stare attenti che ciò che si mangia non ci crei qualche problema durante la gara. Intanto ci scambiamo le esperienze, le abitudini, gli obiettivi della gara, ma il denominatore comune è la voglia di divertirsi e di correre una maratona che sarà indimenticabile».

Nicola Baldin New York
Alle 5.30 il pullman attende i maratoneti per portarli alla linea di partenza. Gli atleti salgono ordinatamente. «Le gambe iniziano a tremare, tratteniamo qualche lacrima a fatica, abbiamo qualche timore per qualche goccia di pioggia, ma tutto svanisce quando si intravvede dai finestrini il mitico ponte Da Verazzano che unisce Brooklyn a Staten island, luogo della partenza. Scendiamo, siamo in tantissimi, coloratissimi, da ogni parte del mondo. Ci avviciniamo alle “nostre” zone di partenza: ce ne sono tre di diverso colore, blu, arancione e verde; noi ci dirigiamo verso il settore verde. Quindi troviamo un’area per cambiarci, nel frattempo vediamo entrare gli atleti diversamente abili che, come noi, si preparano a questa grande avventura: li applaudiamo e ci scaldiamo, non solo le mani».
Alle 9 si avvicina la partenza… «Dallo schermo vediamo le top runner femminili partire, quindi gli uomini, e dopo lo sparo ci siamo noi, quelli che faranno grande questa maratona; persone che da mesi si preparano duramente e con molti sacrifici, che vogliono tagliare il traguardo dopo 42 km e 195 mt di sudore e fatica anche psicologica, persone per le quali si sta realizzando un sogno rincorso per tutta la vita, atleti che non vedono l’ora di avere al collo la fantastica medaglia che custodiranno per sempre nel loro cuore».
Ore 10.15: viaaaaa… «Un abbraccio e si parte. Vediamo in lontananza i dirigenti del nostro gruppo sportivo e come pazzi cerchiamo di attirare la loro attenzione, ci scorgono finalmente. I primi chilometri sono tutti sul ponte Da Verazzano: ancora non ci sembra vero! Ecco il cartello del primo miglio; passato il ponte ecco la marea di gente che ci applaude, ci incita e grida Italy, Italy, go, go, la pelle d’oca sale tremendamente. I gruppi musicali, gli animatori di strada, i ballerini lungo il percorso ci fanno compagnia, ci danno quell’energia che miglio dopo miglio sentiamo di perdere. Passiamo dai quartieri caratteristici con le casette a schiera, ai quartieri popolari per raggiungere il centro economico e finanziario con i grandi grattacieli che in altezza si perdono tra le nuvole; Staten Island, Brooklyn, Manhattan, Queens, il Bronx, sono i distretti che attraversiamo, animati da tanta gente che ci applaude e ci incita. I bambini con la mano cercano il nostro “cinque”, noi battiamo decine e decine di mani. Ci offrono cioccolatini, dolcetti di Halloween, gelati, salviette per asciugare il sudore, tante banane».
La crisi del 35esimo chilometro. «Ci facciamo forza a vicenda, siamo stanchi, le gambe sembrano non volerne più, ora è la testa che deve essere convinta di farcela: non possiamo mollare oraci ripetiamo. La gente vuole che arriviamo tutti: stringiamo i denti e proseguiamo; il traguardo è ormai vicino. Entriamo in Central Park, il meraviglioso polmone verde di Manhattan: ancora 2 miglia e ce l’abbiamo fatta. Go, go, go, ci urla la gente applaudendoci. Una curva, poi due, dei continui Sali e scendi che mettono a dura prova le nostre gambe».
Ecco il traguardo, finalmente. «Ci guardiamo con un grande sorriso liberatorio e attraversiamo la linea del finish. Ormai la stanchezza non si sente più, c’è solo una grande felicità per avercela fatta. Poco importa se ci abbiamo impiegato 3, 4 o 5 ore, la vera gioia e soddisfazione è avere messo il nostro nome nella più bella ed emozionante maratona al mondo, essere stati protagonisti di questa meravigliosa avventura, un sogno che si è realizzato nel migliore dei modi. Grazie a tutto il gruppo della Valdalpone!».

Filippo Lussana vola a Seul per brillare nel firmamento della danza

di Paola Bosaro

Ha solo 19 anni ma è già lanciato nell’Olimpo della danza. Filippo Antonio Lussana di San Bonifacio è partito il 20 gennaio scorso alla volta di Seul, dove entrerà a far parte della Universal Ballet, la più importante compagnia di ballo nazionale coreana e una delle più apprezzate a livello mondiale. I contatti con la Universal Ballet sono stati allacciati grazie ad un suggerimento della fisioterapista del ragazzo, impegnato fino al dicembre scorso nel balletto di Stato di Monaco di Baviera. La donna ha rivelato al giovane ballerino che a Seul sono molto richieste due qualità che lui possiede, ovvero la tecnica e la fisicità. Lussana ha inviato un cd con prove di ballo ed esercizi. È stato subito contattato dalla compagnia e ha ricevuto il contratto. È l’unico ballerino italiano alla Universal Ballet.
Com’è nata la passione per la danza?
«La passione per la danza è iniziata quando avevo 10 anni, dopo che avevo visto per un po’ di tempo le coreografie di alcuni ballerini di un camping che si esibivano per i villeggianti d’estate. Nel 2007 mi sono iscritto al Centro studi danza Attitude, diretto da Antonella Pagin, San Bonifacio. Nel 2010 sono partito per Milano, dove ho studiato per un anno all’accademia Teatro alla Scala. Dal 2011 al 2014 ho fatto parte de Il Balletto di Castelfranco Veneto, poi sono passato al Bayerisches Staatsballett di Monaco, nella compagnia junior».
Hai partecipato a corsi di perfezionamento?
«Sì, certo. Sono stato alla Royal Ballet School di Londra, all’American Ballet Theater di New York, all’Harid Conservatory di Miami. Ho inoltre seguito lezioni con coreografi e direttori di fama internazionale. Da un anno svolgo pure attività di manager nella More Dance Solutions, un’associazione che ho fondato con la pianista Irina Sorokina, ed organizzo eventi per la danza, soprattutto in Italia».
Hai qualche altro interesse al di fuori della danza?
«Una delle mie passioni è l’informatica. Fin da piccolo mi sono dedicato alla realizzazione di siti web e di tutto ciò riguardasse la programmazione e l’informatica in generale».
Quando è avvenuto il primo salto di qualità?
«Il primo vero salto di qualità è stato l’ultimo anno alla scuola Il Balletto, dove ho vinto sia concorsi nazionali che internazionali, guadagnando borse di studio per diverse scuole in Europa e America e la possibilità di entrare presso la compagnia junior del Bayerisches Staatsballet di Monaco. Il principale riconoscimento è stato il secondo posto in Europa, nel concorso Youth America Gran Prix (Yagp) di Bruxelles, una competizione riservata ad allievi di scuole di danza di tutte le nazionalità. Grazie a questo piazzamento ho avuto la possibilità di presentarmi alla finale di New York».
In quali teatri prestigiosi hai ballato e quali sono state le coreografie più significative che hai affrontato?
«Ho ballato nei teatri di Monaco, Berlino, Riga, Stoccarda, Praga, Tel Aviv, Cannes, Bruxelles, Milano, Udine e Verona. Ho avuto occasione di confrontarmi con danzatori e coreografi professionisti, interpretando molti ruoli ed affrontando diversi balletti di repertorio, come Paquita con il Bayerisches Staatsballett, Allegro Brillante di Balanchine, il Concertante di Hans Van Manen e Jardi Tancat di Nacho Duato».
Che cosa pensa Filippo della danza?
«Per me la danza è un modo di esprimersi senza l’uso delle parole, è motivo di gioia e libertà».
Chi sono i tuoi miti? A che cosa aspiri in futuro?
«Tra i miei miti ci sono Carlos Acosta del Royal Ballet, Vadim Muntagirov, sempre del Royal Ballet, Daniil Simkin dell’American Ballet Theater. In futuro vorrei continuare la mia carriera ancora in grandi compagnie e, ovviamente, provare a diventare solista».

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Comitati civici contro la Tav a sud

Si allarga il fronte del no al tracciato a sud dall’Alta velocità ferroviaria a San Bonifacio. I comitati civici del Comune, affiancati da Legambiente Verona e assistiti a livello legale dall’avvocato Giuseppe Giacon, hanno promosso due assemblee pubbliche per spiegare il nuovo progetto proposto dall’amministrazione comunale, informare sulle attività del fronte del no e comunicare ai futuri espropriandi le eventuali azioni da intraprendere per veder riconosciuti i loro diritti.
All’incontro in sala Barbarani, l’11 gennaio, hanno partecipato decine di persone, tanto che la sala non è riuscita a contenere tutti i presenti. Il pubblico era molto eterogeneo, ma unito dal desiderio di vederci chiaro su una questione davvero importante. Erano presenti gli oppositori del sindaco Giampaolo Provoli, gli ambientalisti, i contrari al tracciato a sud della Tav, i contrari alla Tav in quanto tale, i cittadini proprietari dei terreni interessati dal progetto, semplici curiosi e persone desiderose di informarsi su questo maxi cantiere che potrebbe cambiare per sempre il territorio sambonifacese.
Nel corso dell’assemblea, il pubblico ha potuto vedere tramite delle slide le due soluzioni individuate per i treni super veloci: quella in affiancamento alla linea storica e quella portata avanti dall’amministrazione Provoli, a sud del paese. L’architetto Maurizio Mazzon ha confutato le fosche «previsioni di abbattimento di centinaia di edifici residenziali» nel caso dell’affiancamento. «Si tratterebbe di pochi fabbricati, alcuni dei quali vecchi e fatiscenti», ha detto Mazzon. «Non ci sarebbe nessun rischio per l’Abbazia di Villanova, come si è voluto far credere», ha aggiunto.
Sono state dunque evidenziate le criticità ambientali che la variante a sud del tracciato potrebbe provocare al territorio del Comune.
Il presidente di Legambiente di Verona Lorenzo Albi ha sottolineato come la questione Alta velocità «debba essere utilizzata come occasione per affrontare il tema della mobilità e del trasporto in generale, ovvero come scelta di spostare quote rilevanti di merci e persone dalla gomma alla rotaia». Anche per Albi la sede ideale su cui ricavare una nuova linea di trasporto ferroviario resta l’asse storico, «su cui la linea ad Alta velocità può realizzare il quadruplicamento, assicurando un’indispensabile revisione del sistema ferroviario storico e promuovendo un servizio efficiente ed efficace sia per trasportare le persone che le merci». Ulteriori vantaggi, secondo Legambiente, deriverebbero da una sostanziale riduzione degli espropri, dal minor consumo di suolo agricolo, dal minor uso di volumi di inerti e dal «decisivo minor impatto ambientale e scempio del paesaggio». L’Alta velocità in centro potrebbe paradossalmente servire come «opportunità per mettere mano ai molti casi di disordine urbano». Il tracciato in affiancamento, infine, sarebbe molto meno costoso. Albi ha ricordato che la tratta VR-PD ha raggiunto «l’assurda cifra di 80 milioni per chilometro. Chi la finanzierà?», si è chiesto.

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L’ex presidente della Commissione urbanistica comunale di San Bonifacio Vasco Carradore ha posto l’accento su alcune criticità procedurali legate al progetto definitivo presentato. In particolare ha sottolineato «la mancanza della valutazione di impatto ambientale da parte del Ministero dell’Ambiente della variante di San Bonifacio e del tratto tra Montebello e il bivio per Vicenza». Carradore ha ricordato che «il progetto preliminare approvato dal Cipe nel 2006 era tra Verona e Padova, mentre il definitivo è tra Verona Porta Vescovo e il bivio per Vicenza». La norma consente di avere più progetti definitivi parziali «a condizione che tali progetti siano riferiti a lotti idonei a costituire parte funzionale, fattibile e fruibile dell’intera opera e siano dotati di copertura finanziaria». Tuttavia, hanno fatto notare i comitati «queste condizioni non sono soddisfatte come prescritto dal codice dei contratti pubblici». Anche la consigliera del Movimento 5 stelle Anna Firolli, intervenuta in assemblea verso la chiusura dopo aver partecipato al concomitante consiglio comunale, ha precisato che «il Comune di San Bonfiacio non ha neppure verificato se il progetto Tav si possa considerare definitivo e quindi se gli espropriandi lo siano veramente oppure si tratti di un colossale errore, su cui poi le persone potranno rivalersi». Firolli ha promesso che lotterà fino alla fine a fianco dei cittadini. L’avvocato Giacon, da parte sua, ha esposto tutti i problemi relativi agli espropri che si renderanno necessari e ha invitato tutti gli interessati a presentare le proprie osservazioni al progetto, definendo le osservazioni l’unico strumento che hanno i privati per far sentire la propria voce a livello personale. E’ stato inoltre evidenziato che nel piano particellare degli espropri, non tutti gli espropriandi hanno indicata l’indennità di esproprio come prescritto dalla legge.
I comitati si impegnano a proseguire l’attività che si sono prefissi, cioè di tutela ambientale e salvaguardia del territorio, presentando le osservazioni alle commissioni per la valutazione di impatto ambientale regionale e nazionale, quando le stesse saranno aperte.
L’assenza del sindaco Giampaolo Provoli è stata notata e stigmatizzata, però il primo cittadino era impegnato in Consiglio.

Lala Lubelska, l’amore dentro ai lager

Luci soffuse, una malinconica melodia rotta dalla voce di un lettore. è iniziata in questo modo la serata presso il Modernissimo di Noventa Vicentina dedicata al giorno della Memoria, voluta dalla sinergia dell’amministrazione comunale, l’assessorato alla cultura e la biblioteca comunale.
A ripercorrere i tempi del filo spinato, delle brutture della guerra, della crudeltà di cui l’uomo è capace è stato il dott. Giorgio Cicogna, figlio di Lala Lubelska testimone della Shoah, prima nel ghetto di Lodz in Polonia, per poi essere deportata ad Auschwitz quindi a Mauthausen nel 1945.
La serata, iniziata intorno le 21.00, ha incollato gli spettatori di età diverse che, affascinati e allo stesso tempo atterriti dalla voce di Giorgio Cicogna, non hanno potuto fare a meno di confrontarsi con uno spaccato di vita, di situazioni e di drammi che solo la cruenta guerra sa dare. Ma chi era Lala Lubelska? Lala era una donna che ha dato il suo primo bacio , a 18 anni, ad un ragazzo nel vagone piombato per Auschwitz. Venivamo entrambi dal ghetto di Lodz, lui era portalettere e le faceva la corte. Di lui Lala non seppe più nulla.

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Lala Lubelska, ebrea polacca è stata testimone-chiave della Shoah, una donna che ha avuto il coraggio di accettare la fatica della memoria a una sola condizione, ossia quella di insegnare ai giovani che la vita è un bene unico, missione che porta avanti da anni il figlio Giorgio Cicogna che afferma «c’è sempre bisogno di dare lezioni di dignità e avere il coraggio di ricordare».
Anche nei lagher l’amore è possibile, e cosi è stato per questa incredibile donna, un amore rubato in un campo di lavoro. Correva l’anno 1945 quando Lala si innamorò di un veneziano, un prigioniero che le sorrise e le regalò un pezzo di pane, e che dopo la guerra sposò e le rimase compagna per la vita.
Lala lubelska, fu sempre e comunque una donna positiva, caratteristica che le passò il padre al prezzo della vita, come lei dichiarò durante un’intervista: «…capivo che in giro c’erano adulti che davano a tutti lezioni di dignità. Mio padre era di questi. Ad Auschwitz, quando l’ufficiale col frustino lo separò da noi per mandarlo a morire, lui ci salutò con un sorriso facendo ciao con la mano. Disse: voi ce la farete, lo so. Era un ottimista, quell’ottimismo è stato il suo regalo. Io sono felice ogni volta che respiro. Lo dico ai ragazzi delle scuole. È la voglia di vivere che ti salva. Certo, serve anche la fortuna. Io sono scampato alla morte tre volte, per puro caso. Ma l’amore della vita è quello che dice: non lasciarti andare. Mai».
Il dott. Cicogna nel recuperare il passato e sopratutto nell’inanellare le storie che raccontava sua madre e le sue sorelle, non smette mai di ricordare quanto complicato e duro sia stato il recupero mentale dei fatti bellici per propri parenti, poiché era impossibile sostenere la memoria di Auschwitz, se non possedevi grande equilibrio. Lì non c’era Dio, non c’era niente».
Era il 1947 quando Lala sposò l’uomo che conobbe nel campo di concentramento di Flossemberg: Giancarlo Cicogna, ed insieme a lui costruì la sua nuova famiglia in Italia, a Badia Polesine in provincia di Rovigo. Una donna che ha rissunto in sé un chiaro inno alla vita, Lala Lubelska.

ARCES ok vince e stupisce al tour vicentino 2015

Giunge inesorabile il termine della stagione con l’assalto finale ad una posizione che precede o ad un’estrema difesa della propria in classifica. Infatti molte categorie si sono date battaglia fino all’ultimo punto per il titolo di vincitore/vincitrice del circuito vicentino di gare di Orienteering.
Arces OK ha preso parte alla gara finale di Arzignano con la squadra al completo dalla quale emerge un folto gruppo di giovani tornati a casa con il loro bottino. Chi ha vinto il Beric-O Tour 2015 è riuscito poi a confermarsi campione anche del Tour Vicentino. Ed altri due neo campioni si sono aggiunti all’albo d’oro in questo finale di stagione. Senza contare i podi e qualche primo posto sfumato all’ultimo o lungo il percorso, Arces OK è campione provinciale in 8 su 15 categorie.
Nel 2015 gli atleti che si sono messi in maggior evidenza sono stati Annarita Scalzotto, che ha dato conferma durante la stagione di essere tra le candidate alla corsa al titolo nazionale 2016, e Tommaso Bari dal quale ci si aspetta un salto di categoria in M16 e un ulteriore salto di qualità soprattutto di livello fisico. Tra gli adulti spiccano il grande lavoro e i miglioramenti tecnici di Pierdomenico Vicariotto che in soli due anni di approccio alla disciplina può vantare un gigantesco passo in avanti.
Dal percorso Bianco di Gennaio 2014 ai percorsi Neri e Rossi del 2015 fino alle categorie agonistiche delle gare regionali e nazionali 2015! Tra le donne, Zaira Sartori non è da meno. Di seguito la foto dei vincitori dei trofei assegnati alla pizzata Arces OK di fine stagione: Miglior Atleta Adulto Arces OK 2015 (Pierdomenico Vicariotto), Miglior Atleta Giovane Arces OK 2015 (Annarita Scalzotto) e Giovane Talento Emergente Arces OK 2015 (Tommaso Bari). Tra i maschi under 14 anni a vincere è stato Tommaso Bari che ha interrotto la supremazia di Giacomo Bolla con una tattica cinica e spietata. Infatti fino alla 12° Tappa del Tour Vicentino la classifica vedeva: 1° Giacomo Bolla 621 punti 2° Rudi Frison 610 punti 3° Pietro Scalzotto 568 punti 4° Tommaso Bari 516 punti.
La strategia messa in atto da Tommaso gli ha permesso di recuperare lo svantaggio di metà stagione con continui risultati di alto livello nel periodo estivo-autunnale sui percorsi nero e rosso. Molto combattuto il secondo posto che è stato assegnato con una differenza di punteggio millesimale. Si è trattato di una sfida interna a tre: Pietro Scalzotto, Rudi Frison e Giacomo Bolla. Fino alla 16° gara (su 21 totali) è stato un continuo testa a testa tra Giacomo, Pietro e Rudi per la seconda posizione.
Prima Giacomo, poi Rudi e in agguato sempre Pietro. Dalla 19° gara in poi è tutto mutato. Pietro e Rudi allungano su Giacomo. Rudi prevale e conserva una certa sicurezza con una decina di punti di vantaggio.
Alla penultima gara Pietro recupera e si porta vicinissimo a soli 4 di svantaggio. Nella finale di Arzignano Rudi deve affrontare un terreno cittadino a lui non adatto. Sa bene che Pietro è veloce. Inizia la gara. Pietro è davanti fin dall’inizio. A metà gara consolida un vantaggio importante che perde nella seconda parte. Rudi arriva dietro a Pietro, ma si salva in extremis.
Ha un minuto e mezzo di svantaggio che si traduce in un solo punto risicato da Pietro. Non basta per i suoi sogni di gloria e la medaglia d’argento va a Rudi. Insomma, l’associazione ARCES sta dimostrando il suo valore e la sua passione nel mondo dell’orienteering.
Questo si deve al Presidente, Claudio Chiarello, ma soprattutto al giovanissimo Eugenio Trevisan, segretario e tesoriere dell’associazione, il quale con grande passione e precisione segue gli allenamenti dei giovani promettenti.

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Tanti auguri… ponte sul Guà

di Paola Bosaro

Uno dei simboli di Zimella ha festeggiato il mese scorso il secolo di vita. Non tutti lo sanno, ma il ponte in ferro sul Guà ha compiuto a novembre 100 anni. L’1 novembre del 1915, infatti, terminò l’edificazione dell’importante passaggio in metallo sul fiume. A questo argomento l’appassionata di storia locale Licia Nogara Ticinelli ha dedicato un articolo molto dettagliato, apparso la scorsa estate sui «Quaderni di Coalonga».
L’opera che collega l’abitato ad est a quello ad ovest della frazione fu pensata e voluta dal Comune per sostituire il vecchio ponte di legno che congiungeva da più di duecento anni le due sponde del fiume.
Ai primi del Novecento, il ponte di legno si presentava troppo stretto per le nuove esigenze viabilistiche dettate da un’industria in via di sviluppo, soprattutto grazie alle officine «Bertolaso». Inoltre l’insfrastruttura era deteriorata e costituiva un serio pericolo per i passanti. Durante le piene del Guà, le due file di piloni piantate nel greto del fiume trattenevano i detriti, ostacolando così il regolare deflusso delle acque.
Il 4 novembre del 1912, il sindaco Bortolo Bertolaso deliberò la realizzazione di un nuovo ponte. Redasse lui stesso il progetto e lo inviò al Regio ufficio del Genio civile di Vicenza. L’incarico dei lavori fu affidato alla Società nazionale delle Officine di Savigliano-Torino, ditta di prestigio nelle costruzioni in acciaio, artefice della copertura della stazione centrale di Milano. Intanto, durante la stesura del progetto definitivo, i costi per le materie prime stavano crescendo vertiginosamente a causa della guerra.
I lavori iniziarono il 9 agosto del 1915 e i tecnici si trovarono presto a fare i conti con l’impetuosità del Guà nei mesi autunnali. Si rese dunque necessario aumentare le dimensioni delle due spalle «per la grave esposizione alla forza escavatrice e demolitrice delle piene del fiume», si legge nei documenti conservati in Comune. Il nuovo ponte fu completato con una spesa di 6.267 lire, a fronte di un preventivo di 4.357 lire. L’opera fu collaudata il 29 luglio 1916.
Una data da ricordare è senz’altro il 3 maggio 1942 quando, in piena Seconda guerra mondiale, le mogli e le madri zimellesi avevano portato a benedire al santuario della Madonna dei miracoli di Lonigo decine di stendardi, chiedendo la grazia del ritorno a casa dei propri mariti e figli sani e salvi. Il 4 ottobre, in occasione dell’inaugurazione della Grotta di Lourdes realizzata dal beato Claudio Granzotto a Zimella, le donne sfilarono in processione sul ponte del Guà, implorando la salvezza dei soldati lontani. Sul finire della guerra, il ponte divenne bersaglio delle forze militari contrapposte. Nel 1945 un aereo americano colpì un automezzo tedesco che stava transitando sul ponte. I militari fecero in tempo a salvarsi, riparandosi dietro gli argini; rimase invece ferito un uomo che casualmente passava di lì.
Una delle curiosità storiche riguarda un episodio della Seconda guerra mondiale, di cui rimane una testimonianza tangibile. Il ponte, infatti, fu protagonista di un’altra sparatoria negli ultimi giorni di guerra. Il 25 aprile del 1945 truppe di fanteria statunitensi, provenienti da Sule ed intenzionate a passare il ponte, furono bersagliate di colpi di mitragliatrice da parte di un gruppo di soldati tedeschi, appostati su un terrazzino del mulino «Bertolaso». Gli americani risposero al fuoco e i tedeschi dovettero abbandonare le loro posizioni, lasciando sul terreno tre morti. I segni dello scontro armato sono ancora oggi visibili sui profilati metallici del ponte.
Nel 2011 la struttura in metallo è stata ristrutturata e consolidata, ed è stata costruita una passerella pedonale adiacente richiamando il metallo del ponte ed abbellendo i parapetti con figure geometriche. Nell’ultimo triennio sono state realizzate infine due rampe di accesso in porfido con parapetti in ferro, inserite nel percorso turistico ciclo-pedonale del Pia-R del Colognese.

Nuove risorse per manutenzione del territorio e nuove opere

di Matteo Crestani

San Bonifacio, 30 novembre 2015. “Il 2016 sarà un anno importante, perché grazie alle maggiori entrate previste, intendiamo onorare con ancor più vigore l’impegno assunto con i cittadini contribuenti. Saranno intensificate le opere di manutenzione ordinaria volte a salvaguardare il territorio e l’ambiente. Realizzeremo importanti interventi di bonifica per la messa in sicurezza di aree a rischio, anche in un’ottica di prevenzione, ed interventi per estendere l’irrigazione”.
Con queste parole il presidente del Consorzio di bonifica Alta Pianura Veneta, Silvio Parise, è intervenuto a seguito dell’assemblea di approvazione del bilancio di previsione 2016. Nell’ultimo quinquennio la quota di contribuenza è rimasta sempre inalterata, ma a seguito delle maggiori spese di manutenzione sostenute dall’Ente consortile, si rende improcrastinabile un ritocco dell’importo, anche per poter continuare a garantire un servizio adeguato. «L’aumento della quota nella misura del 3,48% – aggiunge il presidente Parise – trova giustificazione nelle maggiori spese sostenute in particolare dal punto di vista dei consumi energetici. L’estate trascorsa, con un’importante siccità, ha indubbiamente creato non poche difficoltà e, non vi è dubbio che abbia contribuito ad aumentare le spese, analogamente a quanto è avvenuto a seguito delle passate alluvioni».
E, proprio memore di quanto accaduto nel recente passato, il Consorzio di bonifica Alta Pianura Veneta ha deciso di intervenire con energia su alcuni nodi cruciali del territorio di competenza. Sono innumerevoli gli interventi sui quali verrà posta attenzione nel corso del 2016, ma elenchiamo di seguito quelli particolarmente degni di nota:
Messa in sicurezza dell’argine dello scolo Ferrara ad Arcugnano (VI): si tratta di un progetto di adeguamento e ricalibratura dell’argine del canale Ferrara, attività di fondamentale importanza per evitare che si susseguano, come avvenuto in passato, frequenti allagamenti dell’area abitata, con i conseguenti immaginabili danni e disagi. L’importo previsto è di 500 mila euro.
Sistemazione delle sponde delle rogge Feriana (Rettorgole di Caldogno – VI) e Porto (Cresole di Caldogno): il progetto, a seguito degli importanti avvenimenti alluvionali del 2010, prevede ulteriori interventi di sistemazione delle Rogge, situate nelle località di Caldogno e Cresole, del comune di Caldogno, nonché la loro riqualificazione dal punto di vista paesaggistico-ambientale. Il tratto di estensione è di oltre un chilometro per ciascuna roggia e l’importo previsto ammonta a 750 mila euro.
Nuovo impianto irriguo in Val Tramigna: è prevista la realizzazione, in un territorio collinare di oltre cento ettari, coltivati a vite, di un impianto irriguo a goccia. Si tratta di un intervento resosi particolarmente necessario a seguito della pesante siccità della scorsa estate e che mira a tutelare le colture specializzate dell’area collinare, preservando, quindi, l’economia ed i prodotti tipici del territorio, da sempre vocato alla viticoltura. L’intervento prevede un costo di 300 mila euro.
Messa in sicurezza del fiume Tribolo per ridurre il rischio idraulico: l’intervento prevede la realizzazione di difese di sponda, rinforzi di sponda e rispristino della funzionalità idraulica del corso d’acqua, gravemente compromessa dalle alluvioni del 2010 e 2012. L’opera si è resa necessaria a seguito dei frequenti allagamenti che hanno interessato le aree abitate ed industriali dei Comuni di Bolzano Vicentino, Quinto Vicentino e Vicenza. Il tratto oggetto di intervento riguarda un percorso, da Torri di Quartesolo alla località Ospedaletto, di oltre quattro chilometri. L’importo previsto per l’esecuzione delle opere è di 900 mila euro.
Rialzo degli argini dello Scolo Ronego a Noventa Vicentina e Poiana Maggiore (VI): il progetto prevede interventi di rialzo arginale, difese di sponda e rinforzi, per un importo complessivo di 300 mila euro, resisi necessari in particolare dopo gli importanti eventi del gennaio 2014. Il tratto interessato dalle opere si estende per circa quattro chilometri.
Messa in efficienza dell’impianto idrovoro Zerpa ad Arcole (VR): lo snodo idraulico della bonifica fondamentale per una vasta area del Veronese, attualmente alimentato a diesel, verrà reso più efficiente attraverso un’alimentazione elettrica, così da renderne più semplice la gestione ed eliminarne i malfunzionamenti.
Il progetto, infatti, contempla interventi di ammodernamento e potenziamento dell’impianto, mediante la sostituzione di una pompa, l’elettrificazione ed il telecontrollo. La spesa relativa all’intervento ammonta a 600 mila euro.
I numeri del Consorzio di bonifica Alta Pianura Veneta. È opportuno ricordare che il Consorzio di bonifica Alta Pianura Veneta gestisce 2.800 km di rete idraulica di bonifica, di cui oltre 1.200 km con funzioni miste di scolo ed irrigazione; 21 impianti idrovori di sollevamento con una potenzialità totale di oltre 60 metri cubi al secondo; 68 impianti a servizio dell’irrigazione tra cui 19 pozzi di prelievo e 49 tra impianti di sollevamento e rilancio; 310 km di rete irrigua a pressione a servizio di un’area attrezzata con impianti a pioggia ed a goccia pari a 3.400 ettari; 39.182 ettari serviti da irrigazione di cui: 3.382 con impianti a pioggia ed a goccia; 1.597 irrigati a scorrimento e 34.210 serviti da irrigazione di soccorso.

Monumento in Piazza 4 novembre

di Attila Pasi

Intervista al vicesindaco mattia veronese con una tesi di laurea su Caporetto

Mattia Veronese, appassionato di storia, nonché Vicesindaco della città di Noventa Vicentina ci racconta la giornata dedicata al 4 Novembre e come l’Amministrazione Comunale si è ben calata nel grande centenario, che abbraccia gli anni che vanno da 1914 al 1918.
«Era il 24 maggio del 1915» – ci racconta il Vicesindaco – «quando siamo entrati in guerra e quindi oggi si va a celebrare, a commemorare un evento, la Prima Guerra Mondiale, che ha portato comunque all’Italia: Trento e Trieste (molti storici hanno parlato di una Quarta guerra di indipendenza) dove il nostro Veneto ha giocato un ruolo di grande attore e che ha visto il raggiungimento di un’ Italia unita. è questo il vero sentimento che si deve recuperare: l’ideale di Unità Nazionale e un orgoglio patrio; il festeggiamento vero sta nel sentimento nazionale .
Per quanto riguarda Noventa Vicentina, come in tutti i paese d’Italia, si ricorda con il 4 Novembre la fine della Prima Guerra Mondiale (4 novembre del 1918). La piazza, che si affaccia al nostro comune, è dedicata al 4 novembre; abbiamo al centro un monumento costruito a ricordo dei caduti della Grande Guerra dove vi sono nomi di tanti nostri concittadini e cognomi che sono legati alla memoria dei nostri concittadini, cognomi che sono presenti, famiglie che vivono qui a Noventa Vicentina. Quindi quel monumento è un omaggio e un ricordo a tutte quelle persone che non sono tornare dal fronte e che hanno pagato con la propria vita l’amor patrio. Quindi dal mio punto di vista nell’osservare quell’opera che troneggia in Piazza 4 Novembre, è come essere difronte ad una tomba del Milite Ignoto. Per noi quel monumento deve essere sacro e considerato come tale».
Secondo lei quanto conta la storia e la conoscenza di essa?
«Proprio con la celebrazione del centenario in questi ultimi anni ci si è riavvicinati molto alla storia con i suoi fatti. I media, dalla carta stampata, al web, alle emittenti televisive, stanno dedicando molto spazio a questi grandi eventi, ritornano i vecchi documentari e c’è una costante ricerca di nuove storie. Si indaga e si celebra la nostra storia sempre più, è ritornato il fascino del collezionismo dei reperti bellici, come il collezionismo di carattere documentaristico legato a libri, a manifesti e a cartoline. Negli ultimi 10 anni il ricordo della grande guerra è tornato in auge e soprattutto nei nostri territori si sono ripresi sentimenti legati alle piccole storie. Dobbiamo ricordare che ogni singola nostra famiglia ha un nonno oppure un bisnonno, un avo che ha partecipato alla guerra. Ogni nostra famiglia ha un alpino, un fante, che una volta tornato a casa, ha avuto modo di raccontare i vari eventi. Ha raccontato episodi, ha ripercorso la vita di trincea. Tutti quanti noi abbiamo in soffitta almeno un reperto bellico di quel periodo».
Mi faccia un esempio a titolo personale?
«Io ho a casa delle cartoline che mi ha donato mia nonna e che facevano parte della prima guerra mondiale, spedite dal mio bisnonno che era caporale in quel di Asiago. Al tempo mio nonno scriveva alla morosa, che poi è diventata mia bisnonna, e siccome era in zona di guerra e le cartoline dovevano essere scritte senza citare dove si era. C’era un piccolo segreto, scrivevano qualche parola dolce alla morosa sotto il francobollo. Sono questi tipi di episodi, alla portata di tutte le nostre famiglie e quindi anche della mia».
Vedo in lei una grande passione per la storia, da come ci ha raccontato questi fatti, come è nato il tutto?
«Nasce dalla lettura del libro: “Il Piccolo Alpino” che mi regalò mio padre, da qui ha preso vigore la mia passione per i fatti bellici arricchita dalla lettura di molti altri libri. Alle superiori, la storia rimaneva una delle materie da me preferite, per approdare poi all’università, quando casualmente, sono passato davanti ad una vetrina di un negozio di antiquariato difronte la facoltà, scienze politiche, e c’era questo manifesto del Soldato del Mouzan. Dovete sapere che uno degli aspetti importanti della Prima Guerra Mondiale era la propaganda. Soprattutto durante la Prima Guerra Mondiale, tutta quanta la parte non bellica a partire dalle stesse attività commerciali erano comunque indirizzate a dare soldi, a sostenere con dei contributi il sostegno della causa bellica e lo stato aveva necessità di raccogliere fondi che sarebbero di conseguenza stati destinati per mantenere i soldati al fronte. Per far questo dovevano militare le coscienze come è stato fatto all’inizio del 1914. Con l’entrata in guerra l’interventismo si è trasformato in propaganda, bisognava sostenere moralmente il fronte e si cominciò a parlare del famoso fronte interno. Lo Stato ha emesso vari prestiti nazionali, ben 6, o meglio 5 durante il presidio che va dal 1915 al 1918 mentre il sesto dal 1918 al 1920 che è stato dedicato alla raccolta fondi per la riconversione.
Le banche, gli Istituti di Credito, le Poste, il Ministero stesso della difesa ha ingaggiato una serie di artisti e cartellonisti dell’epoca poiché non esistevano ancora alternative forme di comunicazione, facendo di conseguenza della cartellonistica l’elemento per eccellenza dedicato alla raccolta fondi anticipando il classico modo di fare pubblicità. Ritornando a noi… Passavo davanti a questa vetrina che esibiva un manifesto del Soldato del Mauzan, con il dito puntato, con scritto sotto: “Fate tutti il vostro dovere!”. Quella fu la mia prima numero uno! Sono entrato da studente senza soldi, avevo il desiderio di possedere quell’opera. Il negoziante mi guardò un po’ di sbieco poiché era abituato a tutto un altro genere di clientela, era ancora l’ottobre 1997. Quindi fermai l’opera e mese per mese la riscattai. Da qui nacque la mia passione per la prima guerra mondiale sulla documentaristica della grande guerra laureandomi poi su una tesi su Caporetto».

Restauro miracoloso sulla facciata del Santuario

di Chiara Ballan

Quella del 30 ottobre scorso è stata una serata ricca di emozioni per tutti coloro a cui è caro il Santuario della Madonna dei Miracoli di Lonigo. L’occasione è venuta a crearsi per la conclusione della prima fase di restauro della chiesa. Davanti ad un pubblico numeroso, i protagonisti di questi lavori hanno presentato i vari momenti delle operazioni svolte sulla facciata rinascimentale di Alvise Lamberti da Montagnana e a seguire c’è stato il concerto inaugurale offerto dai leoniceni Giulia Bolcato, soprano, Alberto Maron, al clavicembalo, e la loro ensamble comprendente un mezzosoprano, violini e violoncello. Dopo i ringraziamenti di alcuni membri del Comitato del Santuario, tra cui quelli della prof.ssa Nicoletta Nicolin e di Simona Tozzo, l’intervento della soprintendente ai beni culturali per la provincia di Vicenza Rita Drugoni ha sottolineato l’importanza della salvaguardia e della tutela di patrimoni artistici come quello di Madonna. È stato poi il momento di una vera e propria lezione di restauro da parte di Stefano Battaglia e Silvia Ulizi, rispettivamente Architetto e responsabile dei lavori e Restauratrice. Tramite delle slide hanno mostrato le varie fasi delle operazioni e hanno dimostrato che nel loro lavoro è assolutamente normale scoprire in itinere che ci sono ulteriori lavori da fare rispetto a quelli previsti dal progetto, passaggio a cui segue anche un fisiologico aumento delle spese previste.
Il cantiere si è aperto ad aprile e si è concluso un paio di mesi oltre il previsto anche per questi motivi. Ora la facciata è stata scoperta, ma sarà ancora necessario intervenire per contrastare l’umidità di risalita e opere di rifacimento delle coperture della chiesa. «è stato un lavoro collettivo- spiega Simona Tozzo- sotterraneo, di relazioni, e forse la difficoltà maggiore è stata proprio mediare tra tante persone, ma credo che siamo riusciti a smuovere qualcosa. Ovviamente non mi riferisco solo ai lavori, ma anche alla generosità della gente e delle associazioni, e dalla collaborazione vicariale e stavolta dall’interessamento di tanti giovani».
La sera del 30 ottobre, la bellezza della facciata rimessa a nuovo e illuminata dalle candele era da togliere il fiato e forse anche solo quella bellezza in sé ha ripagato di tutto il lavoro svolto finora e dà una motivazione aggiunta per proseguire nelle opere di conservazione di questo bene artistico.